Non è passato molto dall’anniversario dei fatti di Genova avvenuti durante il G8 2011, solo qualche settimana fa si concludeva il processo in cassazione agli autori di quei fatti che ha visto: la condanna dei dirigenti, ma anche la prescrizione degli agenti che materialmente hanno compiuto massacri ed atrocità; tale prescrizione non è dovuta tanto all’inefficienza del sistema giudiziario italiano, ma ad un vuoto normativo di cui il parlamento è responsabile: la mancata creazione del reato di tortura, nonostante gli impegni internazionali presi in materia.
Infatti senza il reato di tortura gli agenti sono stati incriminati solamente per lesioni o per percosse, due reati giustamente considerati lievi in quanto pensati per punire i partecipanti a risse e scazzottate, non già le forze dell’ordine che esorbitino dalle loro competenze, di conseguenza la prescrizione , che è proporzionata alla gravità del reato, ha corso più velocemente di quanto avrebbe dovuto.
L’Italia ha preso in sede internazionale l’impegno di combattere con tutti i mezzi possibili, compresi quelli penali, la pratica della tortura; innanzitutto l’Italia ha aderito alla convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo dal 1955, tale convenzione all’art.3 enuncia “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.” A tutela di tale convenzione è inoltre posta una corte con sede a Strasburgo che ha facoltà di condannare gli stati inadempienti a pesanti ammende economiche, la Francia è già stata in passato condannata per non aver predisposto sanzioni penali in relazione al reato di riduzione in servitù (ed è probabile che in futuro sia condannata anche l’Italia sulla tortura proprio in relazione ai fatti di Genova).
Inoltre l’Italia ha anche aderito alla convenzione di New York sulla tortura del 1984, ratificata nel 1988, in questa convenzione c’è addirittura l’obbligo espresso all’art.4 co. 1 di istituire per la tortura sanzioni penali adeguate, purtroppo il parlamento si è limitato, nella legge di ratifica, a dare attuazione alla convenzione, dimenticandosi però che secondo l’art. 25 co. 2 costituzione solo la legge può istituire un nuovo reato e che questo deve essere preciso, mentre la convenzione si limitava ad un generico obbligo degli stati di prevedere tale sanzione, rendendo così impossibile ai giudici applicare tale reato.
VIOLENZA SU BAMBINO PRELEVATO CON FORZA DALLA SCUOLA. QUESTA E’ TORTURA
L’Italia dovrebbe dunque porre mano al codice penale per inserire il reato di tortura, oltre che per ovvie ragioni di giustizia ed umanità, anche per evitare pesanti condanne economiche.
In Italia la tortura non è reato. In assenza del crimine di tortura non resta che l’impunità. La violenza di un pubblico ufficiale nei confronti di un cittadino non è una violenza privata. Riguarda tutti noi, poiché è messa in atto da colui che dovrebbe invece tutelarci, da liberi e da detenuti. Sono venticinque anni che l’Italia è inadempiente rispetto a quanto richiesto dalla Convezione contro la tortura delle Nazioni Unite, che il nostro Paese ha ratificato: prevedere il crimine di tortura all’interno degli ordinamenti dei singoli Paesi. Quanto accaduto nel 2001 alla scuola Diaz ha ricordato a tutti che la tortura non riguarda solo luoghi lontani ma anche le nostre grandi democrazie. Il caso di Stefano Cucchi, la recente sentenza di un giudice di Asti e tanti altri episodi dimostrano che riguarda anche l’Italia. Per questo chiediamo al Parlamento di approvare subito una legge che introduca il crimine di tortura nel nostro codice penale, riproducendo la stessa definizione presente nel Trattato Onu. Una sola norma già scritta in un atto internazionale. Per approvarla ci vuole molto poco.
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