Vi è una connessione tra avanzamento politico e materiale.
La domanda è: “La democrazia può sopravvivere al capitalismo” ?
La risposta sottolinea che l’incompatibilità suggerita è un trucco verbale. La libertà – come sistema – non può affermarsi senza un ordine corrispondente di competenza economica. Ciò significa “laissez faire“.
I tentativi di abolire il capitalismo dei singoli titolari, non produrrà un capitale senza ordine. Il Capitalismo di Stato sarà l’alternativa possibile. Con i mezzi economici aggiunti, quell’ordine completerà il controllo totale dittatoriale. Le elites – convinte della loro superiorità morale – saranno tentate di accogliere un tale accordo.
Una connessione speciale tra concentrazione del potere economico e politico non poteva essere inclusa nel tema originale. Fu come nel caso cruciale della Cina continentale che ebbe bisogno di esaminare il tutto, in un contesto che univa libertà e capitalismo. Inserendo in questo pensiero un “pur mantenendo la dittatura del partito unico“.
Visto da una prospettiva moderna, troviamo una correlazione tra dittatura e arretratezza. All’ alba di ciò che è – secondo il calcolo occidentale dell’era moderna – troviamo tirannie che hanno sostenuto il progresso.
Viene in mente, il caso dei “despoti illuminati“. Così hanno fatto le “riforme prussiane“. [Ho sempre sostenuto che mi par di assistere alla farsa già vista di Otto von Bismarck. Chi ha orecchie per intendere…,ndr]
Pietro il Grande applicò il vecchio potere autocratico per modernizzare la sua riluttante Russia. Il motivo delle riforme del decreto, non migliorò le sorti dell’uomo comune. L’obiettivo fu quello di voler consentire a trovare soggetti utili per sopportare il peso di espansione per dominare la regione e – nel XX secolo – il mondo.
L’inseguimento del potere è il suo motore: la modernizzazione era ricercata non per il bene dei soggetti, ma per le sue conseguenze militari. Attraverso questo processo i “soldati” sono diventati la componente più “moderna” della tarda società di sinistra.
Gli sviluppi della tecnica mirano al maggior potere e fanno in modo che l’ammodernamento venga seguito da aggressione ed espansione. Gli esempi di Europa, Prussia e Russia illustrano tutto questo. La modernizzazione del Giappone durante la Restaurazione Meiji – in realtà un potere orientato dalla rivoluzione dall’alto – si adatta al modello.
Posso aggiungere che le misure di Ataturk furono anche reazioni a debolezze e ad una resistenza nazionalista alle umiliazioni. C’è da sottolineare che la democratizzazione non è stato il motivo della modernizzazione accelerata, ordinata dall’ “alto“. In buona sostanza, aumentare l’efficienza ed aumentare la libertà sono entità separate. Certo, la modernizzazione avviata dal “basso” da parte della società, ha permesso al borghese di salire. Questi sforzi non sono stati solo progressivi negli intenti, ma anche “democratici” nei loro effetti, andando ad aumentare il potere internazionale dello Stato. L’ascesa degli Stati Uniti ed il ruolo dell’Inghilterra come potenza mondiale, li ritengo adeguati.
La modernizzazione della Cina si sta rivelando. Notevole, è che avviene in risposta alla volontà di una dittatura del partito unico. Il potere del monopolio del partito, non si basa su una maggioranza, ma è giustificato dall’ortodossia politica. Non importa che questa ortodossia non possa far valere i secoli come quelli precedenti. L’ortodossia dominante è legittimata da una fede laica modernista, vale a dire il marxismo.
Il marxismo ha venduto sé stesso come risposta ai problemi dell’industrializzazione ed aveva lo scopo di mostrare la strada per il perfetto ordine sociale (o Nuovo Ordine Mondiale?, ndr) basato sul progresso materiale. In realtà, il marxismo fece un dogma dell’economia scorretta. Indipendentemente dalla sua rivendicazione progressista – dove diventò dottrina di stato – cementò l’arretratezza ed ostacolò lo sviluppo. Con questo standard – l’ultima società marxista si trova in pratica nella Corea del Nord. Se estrapolassimo la documentazione del comunismo, troveremo inaspettatamente di quanto si evolva in Cina.
La Cina unisce una tirannia con progresso, attraverso un capitalismo controllato. E’ insolito di come l’economia della Cina sia competitiva a livello internazionale. Un promemoria: il nazionalsocialismo tedesco unì il potere totalitario con la dipendenza, affidandosi su un’economia avanzata ereditata prima. Grazie alla limitata libertà di impresa, l’approccio del nazi portò ad un’economia militare altamente competitiva. La scorta del debito americano di Pechino, sostanziò la pretesa di successo: perfino quando spalleggiato dal consenso di bancarotta del paese di maggioranza americana. Abbiamo lasciato qui l’immagine di un sistema autoritario che si modernizza, al fine di migliorarne il morso. Questa congiuntura esige un avvertimento. Come dico e raccomando spesso, conoscere la storia fornisce precedenti utili per affinare le sentenze. Tuttavia, la comprensione della storia richiede che lo spostamento dei fondamentali, sia riconosciuto.
La modernizzazione contemporanea richiede nuove qualità. Dal lavoro e dalle risorse basate sull’economia, ci siamo diretti su competenza ed innovazione. Competenze, originalità e flessibilità imprenditoriali sono cruciali. E qui, il successo della Cina, è il risultato di un mixing tra capitalismo e dittatura. Da qui, si solleva la questione se il capitalismo richiesto sia compatibile con la dittatura. La leadership cinese – come è stato affermato di recente – è determinata a mantenere parte della gestione del sistema, in corrispondenza al modello centralista.
Questo concetto richiede la coesistenza del sistema politico autoritario e l’incremento dell’economia orientata al “libero mercato” (la rovina e la distruzione del lato sociale dei paesi, ndr). Tutto questo ignora la difficoltà di indulgere su due cose contemporaneamente. Uno, è un ordine economico-sociale che si sviluppa ed ispira dalle regole dei derivati del “libero mercato“. Il secondo, è il sistema politico con meccanismo di ticchettio, azionato da molle che contraddicono le forze che muovono l’economia. L’immagine che crea la discrepanza, è uno strano orologio. Le sue due mani sono azionate da meccanismi differenti che sono fatti girare in direzioni diverse.
La modernizzazione post-maoista ha servito bene un paese come la Cina, andando ad aumentare il suo peso a livello mondiale. Milioni di cinesi hanno guadagnato in una vita di lusso relativo e molti altri potrebbero sviluppare la speranza di condividere quella “bella vita“. In definitiva, questo processo renderà il controllo della trasformazione del presente, per tutelare a sua volta il processo di auto-motivazione.
Come ho già detto, il partito perderà la sua rilevanza per coloro che saranno impegnati a salire la scaletta della mobilità. A medio termine, un paese – per evocare Lincoln – potrà essere metà libero e metà schiavo?
Con il tempo, la scelta del partito potrebbe diventare duplice. Potrebbe unirsi al processo e regolare il suo ruolo. Ciò renderebbe il suo dominio politico corrispondente ad un sistema sempre più pluralista, che si evolve spontaneamente.
L’altro, potrebbe essere quello di reagire alla crescente ridondanza, reprimendo lo sviluppo autonomo e minaccioso della società. Mentre si contempla su quest’ultimo, il presidente di una nazione si dovrebbe ricordare un po’ come sia finita la storia: punto che rimane molto rilevante.
Le rivoluzioni non sono tanto il prodotto di un’oppressione brutale, ma di speranze frustrate.
Capito, psedo-ducetti del periodo?
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