Stasera parliamo della modifica dell’articolo 81 della costituzione.
Hanno cambiato la costituzione. In aprile. Tu lo sapevi, vero? Hai seguito il dibattito? Sai quale modifica è stata inserita nella carta?
Immagino di no, perché non c’è stato alcun dibattito, perché la cosa è stata portata avanti in fretta, nel silenzio dei media allineati e sotto la copertura di notizie “civetta” il cui scopo era distrarre l’attenzione della gente dai fatti importanti.
Cambiare la costituzione è un evento molto importante, perché significa cambiare le regole del gioco, o meglio cambiare le regole della nostra vita civile. Non è la prima volta che in Italia si interviene sulla Costituzione, ma è la prima volta che lo si fa con tale velocità, con una così grande maggioranza politica a favore e senza coinvolgere i cittadini.
Una modifica alla Costituzione non è una cosa semplice o veloce da attuare, normalmente richiede mesi o anni di dibattiti e prevede un iter particolare: Senato e Camera devono approvare due volte ciascuno il progetto di legge costituzionale, la seconda approvazione deve avvenire a distanza non inferiore a tre mesi dalla prima e se la modifica viene approvata da una maggioranza inferiore ai 2/3 del Parlamento, c’è la possibilità di indire un referendum.
La rapidità con cui si è votato il testo è determinata da una maggioranza favorevole superiore ai due terzi dei votati e la mancanza di dibattito politico e pubblico dimostrano come la politica non avesse la minima intenzione di coinvolgere i cittadini sia nell’iter che attraverso il referendum.
Cosa hanno fatto?
Lo scorso 18 aprile hanno approvato la modifica dell’articolo 81, appunto, e per essere chiari, mettiamo a confronto il prima e il dopo.
Il “vecchio” articolo 81 diceva:
“Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.”
Mentre il nuovo testo approvato dalle Camere dice:
“Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale.”
Tutto chiaro, no?
Hanno abrogato il divieto di stabilire nuove spese o tributi tramite la legge di bilancio e hanno inserito l’obbligo del pareggio di bilancio per lo stato. Inoltre, la parallela modifica degli articoli 97, 117 e 119 della Costituzione, riguardanti i bilanci degli enti locali, costringe quest’ultimi all’indipendenza a livello di autonomia di spesa ma li obbliga a rispettare il vincolo del pareggio di bilancio, col divieto di ricorrere al debito per finanziare la gestione ordinaria.
Cos’è il pareggio di bilancio?
Detta in parole povere, Stato e amministrazioni pubbliche, tuttora gravate da debiti considerevoli, non potranno spendere più di quanto incassano. Detta così non sembra una cosa negativa, vero? Invece è la condanna dell’Italia alla recessione e al declino economico e sociale.
In pratica non sarà più possibile spendere a deficit per stimolare la domanda e far ripartire l’economia nei momenti difficili, come questo che stiamo vivendo. Il disavanzo assorbe le risorse produttive che non sono occupate per insufficienza della domanda e garantisce la piena occupazione e la crescita del reddito, con la sicurezza che il deficit viene ripagato con la ripresa.
Guardando alla storia, si stanno replicando gli errori compiuti negli anni ’30 del secolo scorso: di fronte alla recessione i privati investono meno e senza un intervento pubblico scompare la possibilità di uscire in fretta e in modo controllato dalla crisi, e si condanna la società e in particolare le classi sociali meno protette a farsi carico delle conseguenze e dei costi economici.
Con costi economici intendo in primo luogo la disoccupazione, ma anche l’assenza o la scarsità dei servizi sociali necessari, dalla sanità alle pensioni. Ci saranno molte meno risorse da utilizzare, per tutto, e di conseguenza la società sarà in balia del “libero”mercato che il mito vuole capace di autoregolarsi, mentre la storia ci mostra per quello che è: una bestia stupida e insaziabile, immorale e asociale, con forti pulsioni distruttive.
Per ora non sono ancora del tutto chiare le conseguenze della legge costituzionale, in quanto il testo della modifica è mal formulato e rinvia tutto a una successiva legge rinforzata, cioè da approvare a maggioranza dei due terzi, ancora da realizzare. Da questo è evidente che non si è riflettuto a fondo su quello che si è fatto, ma ci si è affrettati a eseguire quanto richiesto dall’Europa spinti come sempre dai mercati finanziari.
Però alcune conseguenze sono già prevedibili e certe:
1) l’introduzione nella costituzione del principio di pareggio di bilancio comporta la perdita da parte dell’Italia della sovranità economica-fiscale. Di fatto non saremo più noi a decidere la politica economica del nostro paese e non saremo più noi a decidere la politica fiscale, sarà l’Europa.
2) L’Italia, con il suo enorme debito pubblico, senza sovranità monetaria e con l’obbligo del pareggio di bilancio, non può riuscire a mantenere il pareggio senza tagli, privatizzazioni e nuove tasse. Tutto questo genera recessione, porta al collasso dell’economia nazionale e accresce le difficoltà di mantenere il pareggio, dando così il via a una spirale distruttiva per l’economia e la società.
Provo a spiegarmi meglio: la BCE, ente privato, dà il denaro alle banche a un interesse basso; per ripagare gli interessi del debito pubblico, l’Italia è costretta a rivolgersi alle banche private per vendere i titoli di stato ed è costretta a pagare un interesse maggiore (spread); per ripagare questi interessi in regime di pareggio di bilancio, deve chiudere con un notevole avanzo primario e per fare questo, non avendo più sovranità monetaria, deve tassare di più, vendere beni pubblici o tagliare servizi e stato sociale; e questo deve farlo ogni anno, drenando ricchezza, svendendo beni pubblici, impoverendo i cittadini, uccidendo il tessuto produttivo.
In realtà con questo regime monetario e un così grande debito pubblico, il pareggio di bilancio è impossibile da realizzare, non senza conseguenze disastrose.
Cosa sta quindi succedendo?
Quello a cui stiamo assistendo è in realtà un trasferimento di potere e sovranità dai singoli stati europei all’Europa, dalle democrazie elette a organismi sovranazionali non eletti, influenzati o nelle mani dei grandi poteri finanziari. E questo è solo un passo di un cammino più lungo, perché i registi di tutto questo non si fermeranno e dopo la perdita della sovranità monetaria e di quella economica assisteremo alla perdita della sovranità politica degli stati.
Le democrazie sono al declino e non sono sicura di quello che seguirà. Soprattutto non sono sicura che coloro che ci governeranno in futuro siano in grado di farlo. Temo al contrario che si dedicheranno a quello che hanno dimostrato di saper fare meglio: i propri interessi a spese della collettività.
Grazie dell’attenzione. A presto.
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