Abruzzoweb – “Le dimissioni di Monti sono uno strappo costituzionale. Avrebbe dovuto attendere un voto di sfiducia, così invece alimenta una tendenza sovversiva tipica delle classi dominanti italiche, mancando di rispetto allo stesso dettato della Carta”.
Ci mancava pure questa. Con il recente abbandono del premier, Mario Monti, e il ritorno in politica dell’ex ‘disarcionato’ Silvio Berlusconi, si apre l’ennesima bagarre all’italiana a qualche mese dalle elezioni del 2013.
Eppure, l’economista Giulio Sapelli non smette di guardare in alto, precisamente in quel luogo chiamato Banca centrale europea governata dall’italiano Mario Draghi (“messo lì da Timothy Geithner, ministro del Tesoro degli Usa,” aveva chiarito in una trasmissione televisiva il professore, in riferimento alla paura degli americani che l’Europa vada a scatafascio, “come andrebbe se la cancelliera tedesca Angela Merkel avesse il potere assoluto”).
Perché, di sicuro, la moneta e il sistema Euro non sono più visti come simboli di prosperità economica. “A cascata”, i danni saranno pressoché irreparabili, annunciano gli esperti come Sapelli.
E L’Aquila, l’Abruzzo e l’Emilia-Romagna terremotati, per restare a due dei tanti drammi di casa, sono già dentro fino al collo. Dai primi scricchiolii alla condanna sdoganata negli ultimi tempi anche da chi non apparteneva alla schiera degli euroscettici il passo non è stato breve ma molto sofferto, poiché in tutti gli angoli dedicati all’economia, tra politica e media, l’Unione europea aveva generalmente goduto di una certa fiducia, “pompata” lungo il decennio segnato dalla “moneta senza patria e senza politica” che ha tolto di mezzo la vecchia lira.
Per cogliere segnali di dissidenza, in pratica, o si era bravi in economia, oppure si restava a bocca (e a tasca) asciutta.
Tra le voci fuori dal coro, appunto, quella del professor Sapelli. Uno dei grandi dell’economia a non aver mai ceduto alle poco tecniche lusinghe di questa Europa. Stringendo, Sapelli non ha mai creduto alla buona novella dell’euro, nonostante consideri l’uscita dall’Euro-zona un vero e proprio suicidio.
Nell’anno di (dis)grazia 2012, il 65enne economista torinese continua ad aggiornare un pensiero molto forte, frutto degli studi di una vita, mentre l’economia europea è ormai in fase di decomposizione, in particolare nel prossimo deserto del Sud del vecchio Continente, il livello di violenza continua a salire, le manifestazioni per le strade si moltiplicano e fioccano pure le forme più disparate di associazioni cittadine, da quelle progressiste alle più reazionarie con punte di filo-nazismo, come nella martoriata Grecia dei fuochi ateniesi in piazza Sintagma.
AbruzzoWeb ha intervistato uno dei più importanti economisti del panorama mondiale per capire se dal suo punto di vista e in base alle conoscenze tecniche, esiste un modo indolore per rilanciare un’economia altrimenti quasi cadaverica, con i drammi che essa lascia una volta esalato l’ultimo respiro.
Professor Sapelli, dobbiamo cominciare questa intervista da una domanda cruciale: quella che viviamo è una crisi dell’euro, oppure è una crisi scoppiata nonostante l’euro?
Una moneta ormai poco amata, ma per lei non è una novità
In quale punto della crisi ci troviamo?
Ai tedeschi andava bene, gli italiani invece non se ne sono occupati, ma adesso in Germania si accorgono che un controllo bancario unificato farebbe scoprire le immense quantità di asset tossici contenute nelle banche tedesche. Secondo alcuni studi, nell’elenco delle banche più a rischio, la prima al mondo è la Deutsche Bank, laddove la statunitense J.P. Morgan è tredicesima. Con lo scoppio dei nazionalismi e in un clima molto teso, pieno di difficoltà economiche ed elettorali di grande portata, non si riesce a fare ciò che va fatto: riformare la Banca centrale europea, che si ostina a portare avanti una debolissima politica antideflattiva. E la crisi industriale è appena cominciata.
Arrivando a toccare la prosperità della Germania.
Certo. I tedeschi, che strano, si sono improvvisamente accorti di non poter esportare i prodotti made in Germany in un’Europa ormai desertificata. Ripeto, il Titanic continua ad andare contro l’iceberg.
C’è qualche figura istituzionale capaci di prendere in mano la situazione?
Lei non crede alla salvezza via uscita dall’Euro e al ritorno alla Lira. L’Italia e gli altri Paesi in recessione cosa dovrebbero fare, allora?
Per colpa soprattutto della struttura dell’Unione Europea, decisamente molto complessa
Crede che con il dopo-Monti, in Italia ci saranno dei miglioramenti?
Però c’è un freno ideologico dovuto alla confusione tra spesa pubblica e spreco pubblico.
I vari Bondi, Catricalà, insomma, i vecchi burocrati, fanno di tutto affinché non si metta mano alla vendita degli immobili dello Stato, che non si muova foglia nell’organizzazione burocratica. Boicottavano prima, boicottano adesso.
In Francia va diversamente con Francois Hollande, oppure anche lui è un personaggio legato a una certa cricca?
Intanto, le aziende italiane continuano a chiudere.
E noi abbassiamo le tasse e alziamo il debito pubblico. Cosa importa se abbiamo il 5 per cento di debito pubblico in più?
Il debito pubblico è visto da molti come la peste
La Spagna non ha lo stesso peso dell’Italia. Lo sentiamo ripetere quasi ogni giorno, “se cade l’Italia, cade l’Unione europea”.
La Spagna è un Paese con un po’ di immobiliari e qualche industria in fallimento nella vecchia Catalogna, l’Italia è la seconda potenza manufatturiera d’Europa dietro la Germania. Siamo ancora un Paese industriale, che scambia merci, che lavora, con il pil prodotto interamente al Nord. Se fallisce il Nord, va in malora l’intera nazione.
In piena austerity, le emergenze come l’Abruzzo e l’Emilia-Romagna dei terremoti vanno risolte andando a cercare le briciole qua e là per garantire le ricostruzioni di territori distrutti.
Una vergogna politica e istituzionali, oltre alla cecità teorica. Lei si rende conto cosa potrebbe accadere se fallissero l’industria emiliana e l’industria agroalimentare dell’Abruzzo, quest’ultima una regione piena di centri di ricerca scientifica? Chi è al governo, purtroppo, come Grilli, è un fondamentalista ideologico, come i calvinisti di Ginevra che mettevano al rogo i cattolici. Al contrario di Monti, al massimo un buon giornalista economico che sposa la teoria economica che gli è più utile.
Non ci si può aggrappare neanche all’università?
Quando si sveglia al mattino e guarda l’Italia, cosa vede?
Il rischio è di ritornare agli inizi e alla metà del secolo scorso, con un’emigrazione fortissima.
Non disperiamo. Alla fine dell’800, tantissimi italiani, bravi, dotati, molto intelligenti, sono andati nelle due Americhe, dopo la seconda guerra mondiale in Germania, in Francia, Belgio, ma in tanti sono ritornati. Il nostro è un Paese meraviglioso con delle punte di eccellenza uniche al mondo, la speranza è che chi andrà via ritorni qui.
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Certo che si può. Sapelli, su Euro, fa molta confusione.
Vuole aumentare l’inflazione in Italia che è già strutturalmente più alta rispetto alla Germania? Proprio grazie alla non convergenza dell’inflazione che adesso le aziende non riescono a competere. Non avendo l’Italia una propria moneta non può riequilibrare la differenza.
Questi economisti, però, dovrebbero mettersi d’accordo. Si può o non si può uscire dall’Euro? Sarebbe bene o sarebbe male? Non si può continuare a sentire premi nobel contro premi nobel che dicono cose opposte! La verità è una, non ci vuole molto.