Un’ideologia politica, un principio sociologico, una dottrina filosofica, una teoria economica o una malattia sociale? Dopotutto, cos’è veramente il comunismo?
Nella sua origine, è una malattia disastrosa, un caso reale e grave di salute mentale pubblica che colpisce ciclicamente diverse società, potendo variare in gravità da un sintomo endemico ad una vera e propria epidemia. Fortunatamente, a livello mondiale (per il momento), non si è mai affrontata una pandemia comunista come fortemente voluto da quell’orda di pazienti psichiatrici che difendono questi folli sogni utopici ad occhi aperti.
Ma cos’è questa malattia psichiatrica?
In parole povere, possiamo dividere la vita umana in quattro fasi: infanzia, adolescenza, età adulta e vecchiaia.
Geneticamente, nonostante tutto, si nasce “comunisti“: dipendenti, incompetenti, incapaci, irresponsabili, spericolati, deboli e piagnucolosi. È un fattore biologico.
Nel corso del tempo l’uomo evolve nella propria naturale intelligenza e queste caratteristiche tendono a scomparire, riducendole al minimo quando raggiunge l’adolescenza ed infine l’età adulta.
L’evoluzione cerebrale (e non la “evoluzione“ darwiniana, si badi bene) diventa indipendente e capace di elaborare gli eventi lavorando sul nostro stesso essere, soddisfando il bisogno ed il desiderio di crescita materiale, intellettuale, culturale, morale e spirituale. Così, avviene la maturazione da adulti: l’essere umano diventerà utile produttivo ed equilibrato. Infine, si raggiungerà l’età della vecchiaia in cui si torna ad essere completamente o parzialmente dipendenti dagli altri al fine di soddisfare altre esigenze. C’è da aggiungere che maggiore sarà stato il successo durante la vita adulta, meno gravosa si rivelerà tale dipendenza.
Tuttavia, esiste una buona parte di popolazione che tende a non evolversi, restando mentalmente in una specie di limbo, nella fase statica di “eterno bambino“ (ir)responsabile in un corpo adulto. È fuor di dubbio che un tale fenomeno sia una forma di ritardo mentale che richiede “trattamento e punizione“: chi non si è evoluto in questo senso, assume la connotazione di un comunista il quale diventa dannoso per la società. Questo ritardo psicopatologico esistenziale si configura in una malattia invalidante e degenerativa che – alla fine – forma persone complessate; il fenomeno, nella sua fase più grave, atrofizza tali personalità annullando il carattere, l’autocritica e il buon senso. Da qui, il comunista si rivela come un adulto ridicolo, mediocre, ignorante, dispettoso, invidioso, dimostrandosi come un represso malevolo; certo, un personaggio represso che formalizza la propria debolezza mentale unendosi a patetici partiti politici cosiddetti “di sinistra“ (dipendenza dal collettivismo), sovente anche a certe organizzazioni criminali. Infine, il comunista andrà a praticare la disonestà morale, materiale e politica come regola di condotta.
Esseri profondamente vendicativi, complessati e risentiti del loro fallimento, finiscono per sviluppare il cosiddetto Complesso di Fourier:
«Mal sociopsicologico descritto dall’economista austriaco – Ludwig Von Mises – che affligge la sinistra latinoamericana ed europea, si presenta configurato in un raro caso di egualitarismo psichiatrico, dove il comune denominatore è rappresentato da un “sogno” o da un desiderio represso di fuga da imporre ed inculcare ad altre persone labili: la borghesia, l’imperialismo, il capitalismo, il “neoliberalismo”, i “mali” della fame, della malattia, della povertà e dei problemi sociali. Con questo genere di comportamentismo, il comunista non solo tenderà a nascondere le proprie amare frustrazioni psicosociali, ma perfino l’assoluta mancanza di impegno per il bene comune (quello reale, non quello del “politicamente corretto“, ndr), così come l’inefficienza, l’inefficacia e la mancanza di rispetto (corruzione) nella gestione delle risorse pubbliche.»
Ma se il comunista è mentalmente incapace perché può essere potenzialmente convincente verso una parte mentalmente sana di popolazione?
La risposta è sorprendentemente semplice: il suo discorso primitivo raggiunge la parte involuta della nostra personalità che è geneticamente forte in quanto esprime l’istinto di sopravvivenza.
Sostenendo uno stato paternalistico che solo in linea teorica soddisfa “tutti i bisogni umani fondamentali“, il comunista parla a se stesso, con il bambino indifeso presente nell’adulto (del comunista) che non è stato in grado di evolvere cerebralmente.
In buona sostanza, il comunista agisce rincorrendo la linea immaginaria del proprio discorso bugiardo e incompetente – ma potente e accattivante – che coinvolge falsamente; che convince e domina le menti deboli di quella parte di popolazione che non ha la possibilità di crescere intellettualmente.
Alla fine, il comunista raggiunge pienamente i propri desideri ebeti; scopi che rimangono imprigionati all’interno di una minoranza malata, ma esageratamente attiva, facilmente manipolabile e gestibile.
È stato formato un esercito pericoloso ed estremamente attivo di zombie pronti a difendere i criminali con “valori“ sconsiderati e irrazionali, spesso dettati dalle ideologie insane dei primi leader: allucinati, arrabbiati e complessati perché sanno nel loro intimo della loro estrema inutilità e incompetenza.
Più a lungo durerà il tempo di un regime comunista (o socialista) maggiore sarà la distruzione sociale (e materiale): elemento fondante causato dalla follia collettiva fatta riversare nella società comunistica in cui il Male è persistente e onnipresente.
Come per qualunque altro genere di malattia psichiatrica, prima se ne rileva la presenza e più facile sarà combatterla: promuovendo il controllo e, ove possibile, il trattamento psichiatrico di quegli individui chiaramente infettati da questo grave disturbo comportamentale che disabilita le persone a pensare ed agire in modo logico, costruttivo, sano e coerente. Gli ultimi in elenco, tutti componenti indispensabili per il sereno prosieguo di una società sana, prospera e felice.
«Il socialismo è qualsiasi sistema organizzato di aggressione istituzionale contro l’imprenditorialità e l’attività umana»
J.H. de Soto
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